Una società che non sconnette
Siamo talmente abituati, ormai, a determinate pratiche, da non accorgercene, almeno fino a quando non interviene un elemento fuori dall’ordinario, come accaduto in occasione del blackout di alcuni giorni fa.Nello stesso lasso di tempo in cui Whatsapp e Messanger erano fuori uso, la piattaforma concorrente Telegram ha registrato 70 milioni di nuovi iscritti!
Il termine “connessioni” è una di quelle parole chiave che sembrano racchiudere maggiormente lo spirito di questo primo scorcio del millennio.
Le nostre sono vite connesse, sotto un profilo sia tecnologico sia sociale. L’essere costantemente inseriti in reti di comunicazione, infatti, coincide con il fare attivamente parte, praticamente in ogni momento della nostra giornata, di reti di relazioni. Un’attività che ha eroso sempre più spazi del nostro quotidiano: basti pensare a come il principale strumento di connessione a nostra disposizione, il telefonino, sia stato riconfigurato in termini di utilizzo nell’arco di pochi anni.
Per un decennio abbondante sulla tastiera dei cellulari il tasto on/off è sempre stato in evidenza, rispondendo all’esigenza di spegnere il terminale a fine giornata per agevolarne la ricarica. Progressivamente, non solo sono scomparse le tastiere, ma anche l’abitudine di “chiudere” il telefonino: al più, viene silenziato. A completare il quadro, poi, la moltiplicazione degli spazi e delle forme di connessione, fenomeno testimoniato dal boom dei social network.
Siamo talmente abituati, ormai, a determinate pratiche, da non accorgercene, almeno fino a quando non interviene un elemento fuori dall’ordinario, come accaduto in occasione del blackout di alcuni giorni fa, in cui sono stati coinvolti i principali social (Facebook, Instagram, WhatsApp e Messenger).
Giusto per comprendere la portata del crash informatico che ha silenziato per circa 6 ore queste applicazioni, basti pensare che – secondo Bloomberg Billionaires Index – le relative azioni hanno fatto registrare 5,26 miliardi di euro di perdite. Nel giro di mezza giornata, Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, è addirittura retrocesso di una posizione nella classifica delle persone più ricche del mondo (ora è quinto, appena dietro Bill Gates).
Ovviamente le logiche di mercato hanno portato a enfatizzare le conseguenze della défaillance, pur se temporanea, subita dall’impero di Zuckerberg. Meno catastrofico sembra essere stato l’impatto sugli utenti. Non perché non si siano verificati consistenti disagi, bensì per la rapidità con la quale sono state individuate le alternative. Giusto per fare un esempio, nello stesso lasso di tempo in cui Whatsapp e Messanger erano fuori uso, la piattaforma concorrente Telegram ha registrato 70 milioni di nuovi iscritti!
Ciò a testimonianza di quanto determinate dinamiche siano comunque inarrestabili e indipendenti dagli strumenti. Il nostro bisogno di connessione va al di là dei “contenitori” e inevitabilmente caratterizza – piaccia o no – la società in cui viviamo.