La “Torre Eiffel” dello Stretto, dopo anni di fantasiosi progetti, rimane un simbolo del nulla.

Doveva diventare un ristorante panoramico, illuminato e visibile anche dallo spazio, ascensorato con vista mozzafiato e invece sta ancora come simbolo del turismo anemico locale. La conferenza dei servizi fatta apposta si incarta su progetti e permessi.
È diventato il simbolo dell’ inutilità. Non conduce più nulla da anni da quando i cavi che erano tesi, tra lui e il gemello per portare energia, sono stati eliminati.
Il pilone di Torre Faro è anche oggetto di mille annunci disattesi: ” Realizzeremo sopra un ristorante panoramico. Faremo un ascensore per salire velocemente con una vista mozzafiato. Ci sarà una struttura di cristallo alla base con una parte museale”.
Negli ultimi vent’ anni ne abbiamo sentite di cotte e di crude. “Verrà illuminato artisticamente e sarà visibile anche dallo spazio”. Nella Torre Eiffel dello Stretto stava parte del rilancio della parte nord della città e del suo anemico turismo.
“Diventerà il nuovo simbolo della città”. E invece niente di tutto questo.
Se non fosse stato per il funambolo estone Jan Roose, il pilone, non avrebbe conosciuto quei pochi giorni di notorietà. Che poi anche in quel caso, ironia della sorte, non è riuscito a condurre l’ estone, caduto qualche metro prima, al traguardo.
Per l’ ultimo progetto, una conferenza dei servizi, zeppa di enti che affermano la propria esistenza solo in queste occasioni, si è incartata su permessi e progetti.
E così resta lì nella sua inutile bellezza, inagibile per le scalate, con i suoi 224 metri ad essere totalmente inutile, simbolo di una certa città che si bea del suo immobilismo cronico.