E sulle riaperture dei ristoranti la montagna partorisce il topolino.
Riaprire i ristoranti la sera col coprifuoco alle ventidue significa lasciarli chiusi. Per allentare la tensione dopo un anno di bastone il Governo mostra la carota all’interno di un dehor e tutti ad applaudire una riapertura che non c’è.
Alla fine ce l’hanno fatta e pure sotto gli occhi: riapriremo senza riaprire. Ancora una volta il magico giochino degli annunci annuncia l’apertura che non c’è, come l’isola di Bennato.
Caro ristoratore la serranda si alza ma col coprifuoco alle ventidue resti chiuso in sostanza. Più volte evidenziato in tutte le salse il business della ristorazione è alla sera, limitarlo significa negarlo.
Il ristorante non è una bottega, un mercato, una fabbrica, è un luogo dove vai per rilassarti, concedersi uno spazio fuori dagli impegni anche quello di guardare l’orologio. Probabilmente hanno scopiazzato l’estero a cominciare dall’idea del dehor che, seppur condivisibile nella forma, nella sostanza vorrebbe che cenassimo all’aperto col cappotto.
Ma la tensione sociale è alta ed il Governo si gioca la mossa della carota dopo un anno di bastone, i conigli corrono, la stampa incalza, il problema resta.
Troppo presto dicono i soliti scienziati dalla solita cabina di regia che sin’ora ha proiettato incomprensibili film senza sonoro. Qualcosa si sanno chiesti a Palazzo Chigi va fatto prima che il fumo dei lacrimogeni ci invada le stanze. Troppa tensione, troppi tafferugli, persino la polizia avverte: stiamo attenti a non dare risposte la tensione è giustamente alle stelle.
Così dopo averla a lungo studiata a tavolino la montagna partorisce il topolino.