Così furono le torte salate nel messinese.
Le ricette della schiacciata di Cumia e della Nfugghiulata
C’è un proverbio siciliano, espressivo per la cucina della memoria e specifico per questa stagione pandemica ove eccede il consumo alimentare in casa; Lu cunsatu quantu basta, cchiù si conza, cchiù diventa guasta; il condimento deve essere in peso e misura adeguato, per non guastare il sapore.
Adagio adeguato per la preparazione di torte dolci, ma soprattutto per quelle salate, oggi esibite anche attraverso i neologismi stranieri, quiche, pie, empanada o ola-welle, non riconosciuti dalla cultura della memoria. Più che mai in Sicilia, le attuali ricette delle torte salate, sono infatti, mutuate da quelle di “pasta molle e schiacciata” che erano in uso nell’Isola, già nell’ottocento, specie nella cucina dei pastori e contadini e comunque nella stragrande maggioranza del menù del popolo. Una ricetta semplice era la pulenta di Ucria nel messinese, chiamata simula nella Sicilia occidentale e farinata a Roccapalumba nel palermitano: nell’acqua in ebollizione si versava la semola fino a farla cuocere e poi si distendeva, condendola con olio, sale e pepe. Più conosciuta era il caciottu, focaccia con due estremità che, specie nelle serate estive, tagliata per lungo, era riempita di cacio, ricotta e strutto. Nel territorio messinese del versante tirrenico, era molto in uso ‘u cudduruni, schiacciata di pasta, con acciuga, cacio, con olio sparso sopra e fritta. La variante era li ciuri, con sola farina e olio, e grossu, con farina e uova impastate insieme. Tipica anche la fugliata, oggi proposta nell’area nebroidea, come nfigghiulata, pasta distesa con il mattarello per assumere una forma cilindrica da cuocere al forno, nella quale avvolgere provola, canestrato pomodoro pelato e acciughe; chiamata ‘nfghiata a Noto, con ripieno di nodi di salsiccia e pezzetti di lardo. Il comprensorio nebroideo messinese al confine con la provincia di Enna, modifica questa torta salata in vastedda cu sammucu che trova il suo apice a Troina, ove la focaccia tonda e morbida è aromatizzata con i fiori dell’albero del sambuco, nella farcitura di salame, pancetta e tuma. La variegata presenza, nel comprensorio messinese, come in tutta la Sicilia, di tali torte salate, ne ha stimolato, nel tempo, la loro diffusione e ridefinizione; dalla vastedda palermitana, alla muffoletta, alle schiavazze o sciaguazza, schiacciate cotte condite con olio, pepe e sale che già nel settecento trovavano riscontro antropologico sui “tesori incantati”, celati da ruderi di antichità greche o vestigia della dominazione araba. Proprio nel messinese è tramandata la storia della Rocca di Salvateste, rupe su cui si poggiava Novara di Sicilia. Per impossessarsi dei tesori ivi conservati, nella fantasia popolare, la leggenda tramanda di “(…) prendere del grano portarlo al molino, dove, fatto molire, se ne impasta la farina, dalla quale dovrà farsi una guastella o focaccia”. Cottole al forno, si trasportano su un mantile alla Rocca e “quivi non saranno trascorse le ventiquattro ore, che ci conteranno dall’una all’altra mezzanotte, e si romperà la focaccia al primo tocco della campana che annunzia già la notte arrivata alla sua metà”, e non ci sarebbero stati quindi ostacoli a prendere il “tesoro”.
La cuddura cunzata è invece una ciambella condita, particolare nelle isole Eolie, ove viene chiamata pane cunzatu, fatta come una torta di pane, tagliata a metà e ripiena di una amalgama di lardo di maiale, pomodori per insalata, cicoria, acciughe salate, olive verdi, olio e sale. Un’interpretazione più destrutturata questa dell’antichissima suppa ‘ndorata, torta di minestra fatta di pane abbrustolito, cotto in brodo e condito con cacio e altro. A Messina, a metà degli anni cinquanta, una variante del pane cunzatu, la pagnotta alla disgraziata, fu resa celebre sui colli S. Rizzo, da Domenico Mazza, alias Don Minico, che farciva le pagnotte di farina di frumento con olive schiacciate, salame, formaggio semi stagionato dei Peloritani, sott’oli, alloro, finocchietto selvatico, aglio, origano e peperoncino piccante.
Schiacciata di Cumia |
Ingredienti: 500 gr di farina; lievito q.b., broccoletti 500 gr; 5 pomodori salati sott’olio; 4 pomodori freschi; 2 patate; 150 gr. di formaggio fresco; 100 gr. di acciughe salate, 1 cipolla; sale, pepe e olio q.b. |
Preparazione: Fare un impasto con acqua calda, mescolando farina, sale, lievito e far riposare per 10 minuti e quindi dividerlo in due parti. Ungere con poco olio una teglia, su cui spianare una parte dell’impasto, e su cui sistemare gli ingredienti dal sapore più deciso, acciughe e pomodori salati a pezzetti. In una terrina tagliare a ciuffetti i broccoli e a fettine sottile le patate; condire con sale, pepe, olio e versare sullo strato già sistemato, completando con altri pezzetti di pomodoro salati e acciughe. Coprire il tutto con l’altra parte d’impasto rimasto, creando un lembo con i due strati, e cuocere in forno a 70 ° per 30 minuti. |
Nfigghiulata dei Nebrodi |
Ingredienti: pasta di pane già lievitata; provola; canestrato; pomodoro pelato; acciughe dissalate e senza lisca; olio vergine di oliva. |
Preparazione: alla pasta lievitata aggiungere qualche cucchiaio di olio e lavorare per ottenere una sfoglia sottile ovale. Porre all’interno pezzetti di canestrato, provola, acciughe spezzettate e pomodoro pelato. Arrotolare la sfoglia da porre in una teglia con pochissimo olio. Cuocere al forno a 200° per 30 minuti. |