Il riconoscimento dell’Unesco alla cucina italiana premierà il turismo, specialmente al Sud

La cucina italiana fa parte della storia ed è un patrimonio degli italiani che vivono nel Paese, e per 80 milioni di italiani che vivono al di fuori del Paese e per tanti stranieri che amano e si ispirano allo stile di vita italiano.
La Cucina Italiana ha ottenuto dall’UNESCO il riconoscimento di Patrimonio Immateriale dell’umanità. La decisione ufficiale è arrivata da New Delhi, dove si è riunito il Comitato Intergovernativo chiamato a valutare le proposte giunte dai vari governi. È la prima volta che l’UNESCO concede tale riconoscimento, non ad alcuni aspetti o peculiarità, bensì a una cucina nazionale nella sua interezza. Ai lavori hanno partecipato i delegati di 185 Stati ma di questi solo 24 potevano votare a favore o contro le nuove proposte di candidatura come patrimonio dell’umanità. Tra i 24 ci sono Francia, Spagna, Germania, Slovacchia (unici Paesi europei), ma anche Ucraina, Cina, India, Nigeria, Emirati Arabi. La delegazione italiana è stata guidata da Liborio Stellino, Ambasciatore presso l’Unesco, e con lui Maddalena Fossati (presidente del comitato promotore la candidatura della Cucina italiana), il curatore del dossier Pier Luigi Petrillo, e i funzionari del ministero della Cultura che lo hanno seguito, Maria Assunta Peci ed Eleonora Sinibaldi.
La proposta italiana è stata formalizzata con la documentazione presentata dalle comunità formate dall’Accademia Italiana della Cucina, Istituzione culturale della Repubblica, fondata nel 1953 da Orio Vergani, che vanta oltre 80 sedi all’estero, 220 in Italia e più di 7.500 accademici associati; dalla Fondazione Casa Artusi, fondata nel 2007 con il fine di promuovere “la cucina di casa italiana” come declinata da Pellegrino Artusi sin dalla seconda metà dell’Ottocento; e dalla rivista La Cucina Italiana, fondata nel 1929, la più antica rivista gastronomica al mondo ancora in edicola. La candidatura è stata poi presentata ufficialmente dal Governo italiano ma il successo non era così scontato perché l’Italia è talvolta vista, specialmente dai Paesi più poveri, come una nazione dove non si pensa altro che al cibo e dove si parla di cibo mentre si mangia.
Il vero significato del riconoscimento è eminentemente culturale e degno di infinite tradizioni locali che nell’insieme formano il mosaico della cucina italiana. L’Italia infatti non è solo patrimonio archeologico, culturale, monumentale, non è solo tesori naturali, non è solo moda e grandi motori ma è anche uno scrigno di tesori enogastronomici.
Il dossier presentato ha esplorato nel dettaglio una lunghissima tradizione dalle mille facce, riflettendo «la biodiversità culturale del Paese», con il comune denominatore «di concepire il momento della preparazione e del consumo del pasto a tavola come occasione di condivisione e di confronto». Molto altro rispetto alla bontà dei cibi in sé. Ovunque, in Italia, cucinare è infatti «un modo di prendersi cura della famiglia e degli amici (quando si cucina in casa) o degli avventori (quando si cucina in spazi culturali come “trattorie” e “osteria”); esso è il frutto di un continuo gioco di connessioni e scambi che dalle precedenti generazioni arriva alle nuove.
È una manifestazione di creatività sostenibile sia dal punto di vista ambientale (perché basata sul non sprecare nulla e sul riutilizzo degli avanzi) che dal punto di vista economico (perché basato su ingredienti poveri e di stagione) e sociale (perché volta ad includere ogni diversità)».
La cucina italiana fa parte della storia ed è un patrimonio degli italiani che vivono nel Paese, e per 80 milioni di italiani che vivono al di fuori del Paese e per tanti stranieri che amano e si ispirano allo stile di vita italiano.
Un impatto positivo si avrà infatti sulle presenze turistiche che dalle stime elaborate da Fiepet Confesercenti su dati Banca d’Italia, Unioncamere e Movimprese, dovrebbero far registrare incrementi realistici tra il 6% e l’8% nei prossimi anni, per poi assestarsi su una crescita più moderata, tra il 2% e il 3%, nell’arco dei cinque anni successivi.
Complessivamente, è possibile che la spinta generi circa 18 milioni di presenze turistiche in più in due anni. Nel 2024 i visitatori internazionali hanno speso 12,08 miliardi di euro, con un incremento del 7,5% rispetto al 2023. Le anticipazioni del 2025 indicano una crescita ulteriore e un totale atteso di circa 12,68 miliardi di euro, pari a un aumento del 5%. Parallelamente, i viaggi turistici legati all’enogastronomia generano oggi 9 miliardi di euro di spesa diretta, un valore che conferma quanto la cucina italiana sia ormai uno dei principali motivi di scelta della destinazione. In dieci anni il comparto ha visto un incremento complessivo di 1.467 imprese attive, ma il confronto 2023-2024 registra la cessazione di 4.038 attività, con Lombardia, Veneto, Lazio e Sicilia tra le regioni più colpite.
Il Sud e le Isole mostrano una capacità di espansione più robusta, mentre Nord e Centro registrano dinamiche negative.
