Il fotografo errante che in Giappone si scoprì pasticciere
La storia di Giovanni Federico scopritore per gioco di dolcezze sicule in terra d’Oriente.
Si dice che bisogna fare di necessità virtù.
Ogni siciliano residente all’estero (dove per estero si intende al di là dello Stretto) conosce
bene questa sensazione di smarrimento: d’improvviso ti viene una voglia violenta di gustare
uno degli innumerevoli cibi della nostra tradizione culinaria e ti assale la consapevolezza di
non poterlo fare.
Io vivo per alcuni mesi l’anno in Giappone, da 5 anni a questa parte.
Non sono un emigrato: trascorro la maggior parte del mio tempo a Messina.
Ma durante i miei giorni giapponesi accade anche a me di desiderare una prelibatezza
messinese e, come in ogni storia d’amore, il fatto di non poterla avere me la fa desiderare
ancora di più.
Mettiamo in chiaro una cosa: non posso in alcun modo definirmi un esperto tra i fornelli.
Di mestiere faccio il fotografo.
Ho realizzato servizi fotografici per ristoranti e per lavoro mi capita spesso di fotografare
banchetti curati e di conoscere chef e catering di pregio.
Questo, unito agli esempi virtuosi che ho sempre avuto in famiglia, mi porta ad avvicinarmi
alla cucina con grande curiosità, seppur con pochissima esperienza.
Torniamo ai miei mesi in Giappone.
Un giorno mi assale il desiderio di mangiare cannoli.
Come una donna in dolce attesa vengo preso da queste “voglie” e mi butto alla ricerca di
una soluzione. Chiaramente in Giappone è praticamente impossibile trovare cannoli siciliani.
Per cui l’unica soluzione è farmeli da solo. Non ho la più pallida idea di come fare e non so
neanche come trovare la ricotta, che in Giappone semplicemente non esiste.
E’ noto a tutti che online è possibile reperire le più disparate informazioni, da come pulire gli
occhiali a come costruire una bomba atomica. Non porto gli occhiali e non ho intenzione di
distruggere l’umanità, per cui mi sono limitato a ricercare online “come realizzare la ricotta in
casa”. E ho trovato innumerevoli siti che spiegavano il procedimento ma quasi tutti
prevedevano l’uso del caglio, che qui non riesco a trovare facilmente.
Per cui mi sono concentrato su l’unica preparazione che richiedeva ingredienti di facile
reperibilità: latte e limone!
E ho imparato che aggiungendo succo di limone al latte caldo si ottiene la coagulazione
delle proteine del latte (caseine) che si agglomerano in un composto simile alla ricotta che
tecnicamente si chiama cagliata. Si ottiene in casa in pochi minuti e pochi semplici passaggi.
Ok lo so, i puristi stanno già storcendo il naso perché per i cannoli siciliani si utilizza la ricotta
di pecora mentre io ho utilizzato un sorta di cagliata di latte vaccino.
Ma a mali estremi estremi rimedi, questa è la cosa più simile alla ricotta che mi era possibile
fare e mi sono accontentato.
Fatta la mia “ricotta” mi sono concentrato sull’impasto per le cialde.
La ricetta che ho scelto prevedeva l’uso del Marsala ma (guarda un po’?) in Giappone non lo
trovo per cui l’ho sostituito con il Brandy.
Neanche a dirlo, in Giappone non si trovano i cilindri di acciaio che si usano per avvolgere le
cialde e dare la tradizionale forma. E anche qui con un po’ di ingegno e di curiosità mi sono
inventato dei cilindri di alluminio ritagliando una teglia da forno e avvolgendola col mattarello.
Ricoperti di carta forno sono diventati dei perfetti cilindri che ho utilizzato per friggere le
cialde. Durante la frittura delle cialde mi sono emozionato nel vedere i cannoli prendere
forma!
Li ho riempiti con la “ricotta” che avevo preparato anche in versione nera aggiungendo il
cacao e ho utilizzato gocce di cioccolato e granella di pistacchio (portata dalla Sicilia) per la
farcitura.
Sono molto felice del risultato e preparare i cannoli in Giappone è stata una bella
esperienza. Sia perché per un attimo mi sono sentito più vicino alla mia terra, sia perché ho
affrontato una sfida in cucina che mi ha costretto a inventare soluzioni e ad imparare tante
cose nuove. Alla prossima avventura!