La pandemia fa sprofondare Messina. L’economista Michele Limosani: “Una parte della città destinata ad affondare”.
E’ la città del sommerso. Ci sono almeno 30 mila persone che lavorano vivendo senza alcun contratto. Magari lavoravano in attività legate in qualche modo al turismo. Lavoravano per imprese che sono ferme ma senza contratto. Quindi sono tagliati fuori e non sono censiti.
Michele Limosani, economista dell’Università di Messina, non ha dubbi. Se non si interviene immediatamente, una parte della città, è destinata ad affondare ma è un parte che non incide sull’economia totale fatta di stipendi e pensioni. Il report di Limosani sta per essere pubblicato in versione integrale.
Professore quindi Messina non è più povera dopo la pandemia?
“E’ più povera una parte della città che rappresenta l’8% del totale della nostra economia. Questo perché la città è retta in gran parte da stipendi pubblici, da stipendi privati e pensioni. I privati hanno percepito la cassa integrazione e, grazie al blocco dei licenziamenti, non sono stati licenziati. I dipendenti pubblici hanno lo stipendio assicurato, i pensionati sono garantiti”.
E allora chi soffre?
“I ristoranti e tutta la filiera collegata. E poi i bar. Le attività culturali, le associazioni teatrali, le palestre. I centri benessere. Quelle attività che sono state considerate superflue ma superflue non sono per chi le svolge”.
E quindi sono destinare a scomparire?
“Scompariranno se non si interverrà con veri interventi. Il problema è che si sono creati interventi inutili. Come il bonus per le biciclette. O i contributi e i ristori senza criterio o anche la cassa integrazione ad oltranza. Si sono dati ristori anche a chi forse si reggeva con le proprie gambe senza fare delle scelte. Ai grossi e ai piccoli. Qui bisogna pensare a ristori che arrivino in maniera congrua pari alla perdita e direttamente sui conti correnti e poi a esenzioni per lunghi periodi da tasse e imposte. Poi bisogna cominciare a riaprire in sicurezza le attività che si possono riaprire.
Quando parla di 8% di popolazione, di ristorazione e di altre attività, a quante persone si riferisce?
“Ad almeno diecimila persone. Non sono poche ma non sono abbastanza forse per far muovere la politica”
Lei parla anche di “nero”
“Certo. Messina è la città del sommerso. Ci sono almeno 30 mila persone che lavorano vivendo senza alcun contratto. Quelli non hanno avuto ristori. Magari lavoravano in attività legate in qualche modo al turismo. Lavoravano per imprese che sono ferme ma senza contratto. Quindi sono tagliati fuori e non sono censiti”.